Una brevissima storia dell’atteggiamento dei fotografi nei confronti dell’immagine della donna.
La concezione del ritratto femminile si modifica con l’evoluzione dell’idea stessa di corpo, anzi, potrei anche azzardare a dire che la fotografia è il primo di una serie di mezzi che ha modificato il grado di visibilità del corpo.
Se ci pensiamo bene, la fotografia nasce in un periodo di grandi e veloci cambiamenti: i vestiti cominciano ad alleggerirsi; la donna ottiene sempre maggiore libertà; i generi cominciano a delinearsi; il nudo passa da concettuale ad artistico o da artistico a concettuale.
Nella ritrattistica femminile, inizialmente, c’è stata la tendenza a ricondurre il corpo della donna a modelli iconografici legati alla pittura come la madonna, la seduttrice e la musa. All’iconografia legata alla seduttrice, per esempio, si possono associare le fotografie come quelle che Virginia Oldoni, Contessa di Castiglione, si è fatta scattare in due periodi diversi dal 1856 al 1898, nelle quali appare in pose e atteggiamenti da cortigiana, ‘oggetto di consumo sessuale’ per l’epoca.
Effettivamente, la fotografia ha dato una nuova visibilità al corpo della donna, alla sua identità, ma per far diventare questa visibilità una realtà a tutti gli effetti si è dovuti passare per molti, moltissimi anni da un’estetica del copro femminile che aveva un approccio commerciale per cui l’immagine della donna serviva maggiormente per attirare gli uomini al consumo.
Nel ‘900 dietro la rappresentazione del nudo si celano stereotipi femminili legati alle fantasie e alle aspettative maschili. La donna viene guardata nel suo duplice ruolo e stereotipo di moglie e madre. Mentre, Bellocq (sempre agli del ‘900), rappresenta le donne di un bordello di New Orleans per quelle che sono effettivamente, imprigionandole nel loro ruolo sociale di venditrici di rapporti occasionali.
Ciò nonostante, la fotografia ha costituito per le donne uno strumento di autorappresentazione, di definizione di un proprio sguardo sulla realtà. Inizialmente con le opere di Julia Margaret Cameron, prozia della scrittrice Virginia Wolf, una delle prime donne fotografa che scatta negli anni a cavallo fra 1863 e 1878. Poco professionale ma con uno sguardo delicato su ciò che la circondava. Fotografa, infatti, il mondo attorno a sé e ne confina la fruizione a un pubblico privato.
Mentre Stieglitz fotografa la moglie Georgia O’Keeffe che mostra, attraverso il suo atteggiamento la sua individualità di donna, con la sua personalità mostrando il corpo femminile non più come prolungamento dello sguardo maschile, ma come soggetto che possiede una propria dignità, un proprio orgoglio di essere umano.
Mi rendo conto che parlare del cambiamento della donna così velocemente non offre una visione globale nè precisa di come negli anni (o dovrei dire dei secoli) è cambiato il modo di vedere il corpo femminile, ma lascio al prossimo articolo il periodo dei grandi cambiamenti degli anni del dopo guerra e degli anni in cui si lottava per la libertà di genere e parità dei sessi.